Mi capita molto spesso di confrontarmi con i clienti sul VDI (Virtual Desktop Infrastructure).
Molti di questi hanno già situazioni che potrei definire “intermedie”, magari terminalizzate con Windows TS o Citrix, e stanno valutando un passaggio al VDI; la loro difficoltà primaria sta soprattutto nel capire come fare a massimizzare il ritorno dell’investimento (ipotizzando che ce ne sia) e valutare il TCO.
Questo post è il risultato di alcune considerazioni che sono emerse nel tempo e spero che aiuti il lettore a farsi una idea più chiara sul VDI per ipotizare quali possano essere i “Return of investment” e “Total Cost of Ownership” di una soluzione di questo tipo.
Vista la lunghezza il post è stato diviso in più parti, di seguito la prima, le altre verranno pubblicate nei prossimi giorni.
partiamo dall’inizio
Lo scopo del VDI (Virtual Desktop Infrastructure) è quello di eliminare i PC sulle scrivanie degli utenti, virtualizzarli in una infrastruttura adeguata e renderli fruibili da thin client a bassissimo impatto. Il PC è, da sempre, stato un problema molto serio per chi gestisce l’IT dell’azienda: si rompe, è da mantenere/Aggiornare, ha una vita limitata, è da proteggere, consuma corrente e spazio.
Insomma il PC ha un costo di acquisto (TCA) ma ha anche un costo totale che comprende tutte le spese di esercizio nell’arco della sua vita (TCO). Il TCA è ,come detto più volte, un fattore molto facile da calcolare e solitamente basso ma è il TCO quello che conta veramente ed è molto difficile da stimare.
Andare verso PC virtuali è molto allettante perchè risolve molti dei problemi descritti ma è anche un processo lungo e deve essere appoggiato con forza dal management che ne deve capire i risparmi sul medio/lungo termine senza avere un approccio miope: l’implementazione di un progetto VDI ha i costi più importanti durante la fase iniziale del progetto mentre questi si diluiscono enormemente nelle fasi successive e nel tempo.
le prime cose da capire
Con l’esperienza della virtualizzazione dei server e grazie a strumenti più maturi sono iniziati i progetti di virtualizzazione del desktop. Ma qui le cose sono un po più complicate: virtualizzare i desktop è molto diverso da virtualizzare i server.
Con molta probabilità, il numero di PC in gioco è sempre di uno o due ordini di grandezza superiore al numero di server che ci sono in azienda e virtualizzarli, senza gli adeguati strumenti, può essere una esperienza deleteria che farà fallire il progetto ancora prima di iniziare.
I numeri in gioco possono essere molto importanti in termini di numero di VM (Pc virtuali), RAM, quantità e qualità dello storage ma è giusto far notare che più i numeri sono importanti e più diventa vantaggioso virtualizzare. Infatti è molto difficile, a parte casi particolari, giustificare progetti di virtualizzazione del desktop sotto il centinaio di posti di lavoro e i risparmi si fanno particolarmente interessanti solo oltre diverse centinaia di PC.
i PC (e gli utenti) non sono tutti uguali
Una delle prime difficoltà da affrontare in un progetto di VDI è quella di censire il parco PC e dividerlo per tipologie. Questo si fa per due motivi:
- non tutti i PC sono adatti ad essere virtualizzati;
- esistono diversi tipi di PC (e relativi utenti) in azienda.
Avere ben chiaro con cosa/chi si avrà a che fare per permette di poter pianificare con estrema cura l’infrastruttura necessaria e i relativi carichi di lavoro aprendo la strada alla corretta definizione di politiche di management, bilanciamento e backup.
Uno dei risultati più evidenti di questa attività è quello di avere le informazioni necessarie per poter generare dei template standard da cui clonare le future macchine virtuali. E’ chiaro che l’obiettivo deve essere quello di standardizzare al massimo i template evitando accuratamente le eccezioni ma anche quello di trovare il giusto bilanciamento fra il numero di profili/template rispetto al numero di PC da virtualizzare (questo soprattutto per questioni di ottimizzazione dell’infrastruttura e del successivo management).