Disclaimer: in passato ho avuto una partnership con Sun (poi Oracle) ma oggi non ho nessun rapporto che mi lega a questa società.

Ieri sono andato a pranzo con un paio di amici: uno lavora per Oracle e l’altro è un partner della stessa. Non c’era nessuna intenzione di parlare della software house più odiata (e forse anche più ricca) del mercato ma alla fine ci siamo raccontati qualche aneddoto che mi ha fatto pensare.
Nel mondo dell’informatica tutti abbiamo delle aziende preferite e siamo detrattori di altre: l’unica azienda (non il prodotto) che odiano praticamente tutti è Oracle!

Uno dei motivi per i quali ho abbandonato la partnership con Oracle è stata la forte antipatia per il suo modo di porsi sul mercato (diametralmente opposto a quello di Sun e a quello che ha l’azienda per cui lavoro) ma questo non toglie che, in qualche modo, soprattutto all’inizio, speravo che l’accoppiata Oracle/Sun potesse essere vincente.

Chi è Oracle

L’azienda è ricchissima e ci tiene a dirlo ogni volta che può! Ogni presentazione (anche quella più dedicate ai prodotti) porta sempre in testa gli entusiasmanti dati finanziari con marginalità da capogiro e una serie di altri dati atti a dimostrare quanto è forte e quanto è capace a fagocitare aziende che producono software (e hardware nel caso di Sun). Sembra quasi che il primo obiettivo non sia quello di fare una presentazione ad un cliente ma ad un potenziale investitore… e già questo mette i clienti (e i partner) in uno stato di disagio.
La stragrande maggioranza delle sue fortune viene da un unico prodotto: il DB. Questo software è alla base di un gran numero di applicazioni aziendali ed è, indiscutibilmente, il preferito per una serie di funzionalità e pregiudizi che lo rendono praticamente quasi insostituibile.

Il lato oscuro

Purtroppo Oracle conosce bene quanto ho appena scritto e ne ha fatto la sua fortuna. Molti utenti riportano che i commerciali dell’azienda sono spocchiosi, spesso insolenti, perché sanno che non si può fare a meno del loro prodotto e le politiche messe in atto sono sempre volte a rimarcare questo aspetto.
I “partner” (fra apici e con la p minuscola, dove per partner intendo anche gli sviluppatori) hanno spesso un atteggiamento di sgradita sudditanza che li porta a sentimenti di odio malcelato.
Infatti, chi può, collabora con Oracle solo per opportunità sapendo di non poter costruire una strategia di lungo termine su una partnership sana. (basti pensare a quello che avviene con i contratti di manutenzione: vendibili dal partner solo per il primo anno).
Le pratiche vessatorie di Oracle sono famose fra i clienti (come ad esempio: tool per verificare l’uso delle licenze da installare forzosamente verso la fine del loro anno fiscale o il metodo di calcolare le licenze su ambienti virtualizzati).

Ma c’è dell’altro

Oracle non è credibile sul fronte HW.
Quando Oracle comprò Sun, in diversi (anche io) ci eravamo illusi che sarebbe potuto succedere qualche cosa di buono. In realtà è stata messa in campo la strategia classica che questa azienda è abituata a perpetrare e i risultati non sono tardati. Da un punto di vista puramente tecnologico molto di quello che era di Sun è sparito (c’è stata una fuga di massa di tutti i cervelli che facevano la differenza, molti se ne sono andati polemizzando).
Dal punto di vista puramente Hardware Oracle si è subito tirata fuori dal business (e dallo sviluppo) dei server x86 (a volume), quelli dove oggi si concentra la maggior parte del mercato e dove gli utenti stanno puntando la maggior parte degli investimenti, per concentrarsi su due cose: i suoi appliances (EXA*) e SPARC.
Inoltre, mentre tutti gli altri vendor Tier 1 stanno cercando di fornire stack tecnologici aperti, Oracle è l’unica con l’approccio mainframe like (il più chiuso di tutti, oserei dire anacronistico). Senza poi menzionare che ci sono molti buchi di offerta (e alcuni prodotti) quasi improponibili.

In realtà, i clienti SPARC (la CPU che Sun ha sviluppato per anni), sono stati visti come la prima grande base installata da spremere attraverso gli Exadata… e gli ex dipendenti Sun non hanno potuto fare altro che subire la situazione.

L’emorragia di clienti è quindi iniziata e le vendite continuano, ancora oggi, a calare trimestre dopo trimestre. Ho anche la certezza sensazione che i clienti, consci di quello che gli potrebbe succedere, si guardano bene dall’affidarsi alle “soluzioni chiavi in mano” di Oracle. Quindi Oracle si ritrova sempre a parlare di grandiose pipeline su prodotti EXA* ma poi, in concreto, di risultati non ne sta tirando fuori tanti (sarei veramente curioso di vedere quanti clienti EXA* ci sono in Italia oggi e verificare concretamente quanto ho appena scritto).
Quei pochi clienti Sun rimasti (che magari non possono migrare ad altre piattaforme) stanno vedendo lievitare i costi per i contratti di manutenzione e scadere il servizio senza poter fare nulla. (spesso si menziona “il Rumeno che ti risponde, non ti capisce bene, e non vuole fare uscire il tecnico”: un classico!)

Nota finale

Oracle alla fine continua a fare la stragrande maggioranza del suo fatturato sulla vendita di licenze DB e sulla relativa manutenzione. Anzi, le revenue derivate dalle manutenzioni sono ormai superiori a quello generato dalle vendite e questo è sempre un pessimo segnale! Chi può (quei pochi) evitano Oracle e chi non può cerca di limitare il danno il più possibile.
L’immagine dell’azienda è pessima e l’unica sua fortuna è che il DB è tuttora il riferimento di mercato. E’ chiaro che la strategia di one-stop-shop fatta in questo modo non può funzionare.

Alcuni fenomeni che stanno prendendo piede potrebbero cambiare le cose, forse neanche in un tempo lunghissimo. BigaData, piattaforme DB alternative, Virtualizzazione e Cloud si stanno facendo avanti sempre di più. Sono tutti ambiti dove Oracle ha pessimi prodotti sta rincorrendo mentre i clienti non vedono l’ora di dare dei segnali concreti alla multinazionale americana.

Certo, non è che Oracle ha la minima possibilità di fallire, ma è sicuro che magari qualche bella legnata e qualche bagno di umiltà potrebbe fargli veramente bene.