In passato sono stato abbastanza vocale sulla crisi del mercato IT Italiano e non mi sono risparmiato neanche sul fatto che il cloud in Italia è fatto in modo ridicolo a parte qualche eccezione. Negli ultimi giorni ho avuto qualche conferma e ovviamente anche, alcune quasi comiche, ma c’è poco da ridere.
C’è un solo cloud provider
L’unico in Italia che fa i numeri seriamente è Aruba. Ha sviluppato una infrastruttura di eccellenza, un servizio consumer valido, economico e con una serie di prodotti a corredo decisamente interessante. A questo che ho appena detto ha anche affiancato dei servizi per le aziende che richiedono SLA e prestazioni più elevate e certificati (che ovviamente costa di più).
Per quanto i concorrenti, o i clienti che spendono due soldi (mi pare si parta da 5€/mese!), se la possano raccontare il servizio ha un rapporto prezzo/prestazioni di eccellenza.
Aruba si è anche espansa all’estero con diversi DC, ha un servizio di object storage e API per gli sviluppatori.
Non vedo in Italia altre strutture di pari qualità e potenzialità. Ma mi posso anche sbagliare e ogni suggerimento è il benvenuto
I grandi CSP mancati
All’estero molti operatori di telecomunicazioni hanno implementato servizi cloud di eccellenza e competitivi, in Italia no. Chi poteva veramente, e non faccio nomi, è un elefante e per di più non è riuscito a concentrare i suoi sforzi su un’unica piattaforma e investire su quella. Magari fanno outsourcing o altri servizi del genere e continuano a spacciarli per cloud ma, per la grande maggioranza è veramente tutto finto.
Spesso tutti questi operatori cercano anche di “riutilizzare” infrastrutture originariamente pensate per altro e alla fine si ritrovano con un’offerta ingestibile, costosa e poco agile che li porta anche a fare pessime figure.
Questo è un peccato visto che a questi signori non mancano i soldi (almeno non a tutti), i datacenter e la connettività.
Gli outsider
In Italia esistono (pochi) service provider medio piccoli che, per un motivo o per un altro, hanno fatto scelte diverse dalla media. Scelta encomiabile e che forse, nel lungo periodo, potrebbe anche pagare… ma poi c’è da dire che siamo in Italia e di gente che ha voglia o se la sente di investire per un lungo periodo senza ricavare dei veri profitti non se ne trova tanta.
Magari hanno scelto OpenStack o piattaforme alternative, magari stanno anche cercando di costruirci un ecosistema intorno ma poi c’è sempre il problema che per cercare di attirare qualche cliente devono essere compatibili con Amazon AWS (per attirare sviluppatori), avere più DC (non solo in Italia) ed essere convenienti… e con la guerra di prezzi/servizi in atto fra i grandi la vedo durissima!!!
Certo, c’è una questione di località dei dati/risorse che potrebbe premiarli in qualche modo ma penso che stiamo parlando di una nicchia quando si tratta di applicazioni web (quelle che vanno per la maggiore). Questo tipo di provider fra l’altro, non utilizzando tecnologie in uso nelle aziende, non possono neanche fornire servizi ibridi di un qualche tipo (Es. DRaaS).
In USA, tanto per fare un paragone, fanno fatica aziende come RackSpace a stare al passo… figuriamoci i piccoli ISP locali Italiani.
I nati falliti
I service provider nati dai distributori IT, quelli nati da altre esperienze (fallimenti) o, ancora, da associazioni di gente che in generale non aveva mai avuto a che fare seriamente con il mondo degli ISP e del cloud pare che siano tutti in difficoltà.
Si vedono poco nelle trattative dai clienti, quando ci sono sono poco convincenti e quando gli chiedi di avere una prova certa su quello che sono capaci realmente di fare spesso si fanno di nebbia… Di nuovo, ci sarà sicuramente qualche eccezione che può confermare la regola? non so, se c’è fatemela sapere (ma con dati alla mano e numeri verificabili)
Purtroppo questa schiera di wannabe-CSP è partita con tanti presupposti sbagliati e con l’idea di chi “so io come si fa!”. C’è chi ha costruito il DC nuovo fiammante (magari avrà pensato che facendo così, male che vada, gli rimane un capannone?) e quello che come primo servizio SaaS ha messo in linea una cosa tipo la gestione della nota spese (forse era qualche cosa di diverso, ma il concetto è quello) oppure quello che prende i prodotti che distribuisce e si convince che sono adatti a essere venduti come servizio (perché magari il produttore gli ha detto che la nuova versione è cloud-ready).
Gli artigiani
Questi sono quelli che mi piacciono di più e forse sono anche quelli con più chance di sopravvivenza. Sono spesso legati a nicchie di mercato, hanno una infrastruttura piccola in un DC che spesso non è di proprietà e non fanno mai i passi più lunghi della gamba.
Alcuni di questi hanno anche sviluppato una piccola rete di rivenditori che amplifica un pochino la loro portata commerciale.
Sono interessanti perché, anche se il termine cloud provider è lontano dal poter essere usato correttamente, sono in grado di dare dei servizi, farli pagare a consumo e personalizzarli molto sulle esigenze del cliente. Fanno IaaS “furbo”, nel senso che si sono specializzati in Backup o DRaaS per piccole aziende, piuttosto che un hosting più evoluto di quello classico o altri servizi con un certo valore aggiunto (es. cloud storage e sync&share). In alcuni casi, si tratta di una vera e propria forma di outsourcing rivisto e corretto per PMI, ma funziona e si sta “cloudizzando” un pochino alla volta.
Devono fare dei prezzi validi per stare sul mercato ma, alla fine, non competendo direttamente con mostri come Aruba possono costare un po di più e ritagliarsi una propria nicchia.
Perché è importante
Insomma, a parte qualche eccezione lo scenario è triste.
Il mercato del cloud è in a fase di maturazione. Come succede sempre in questi casi, il numero di operatori si consoliderà, alcuni operatori rimarranno piccoli e di nicchia, mentre altri chiuderanno.
La situazione economica Italiana non aiuta… ma forse questa è anche una scusa visto che il cloud può anche far risparmiare dei soldi e migliorare la competitività.
Sicuramente, fra la seconda metà del 2014 e la prima del 2015, ci saranno diversi operatori che usciranno dal mercato. Allo stesso tempo faccio fatica ad immaginare operazioni di mercato tipo fusioni (con due cavalli zoppi il carro non lo tiri avanti comunque).
Spero che qualche Telco cambi rotta e metta in campo una strategia con meno chiacchiere e più sostanza… ma qui è anche un problema di management, di capacità di investimento e innovazione (tutte cose dove il manager Italiano medio brilla poco).
Intanto I big sono sempre più aggressivi e i vendor tradizionali (IBM e VMware per esempio) stanno iniziando a far vedere
Sarà interessante vedere come evolverà il mercato.
Io penso che ci siano diverse inesattezze. Due provider che su tutti stanno facendo Cloud Computing: Seeweb ed Enter, poi ci sarebbero da nominare provider come Hosting Solutions e altri che stanno utilizzando OpenStack. Non tutti poi usano OpenStack con gli stessi ingredienti, e l’architettura cambia da provider a provider, a seconda delle scelte che fa.
Tutti questi hanno: più di un DC, una propria installazione, pay per use come modello di billing. Il fatto di avere OpenStack non vincola ad avere clienti AWS, nonostante non vi sia dubbio sul fatto che AWS abbia una fetta importante di mercato anche in Italia.
Conoscendo tutte le persone/aziende coinvolte, compresa Aruba, di cui dò atto delle parole dell’articolo, secondo me necessita una revisione l’articolo.
Stefano
Stefano,
Grazie per Il contributo. Ma le mie opinioni non cambiano di una virgola.
Il successo di isp con Openstack é da misurare in quanti clienti paganti hanno (non misurando quelli che nel i clienti vps,che magari sono ancora su altre piatforme)
In ogni caso, ho detto proprio di provider che hanno fatto scelte diverse e stimo Enter per il coraggio. Hanno comunque tirato fuori 3 offerte in 3 anni (praticamente incompatibili tra di loro). L’ultima, quella piú interessante, è anche quella a cui mi riferivo quando parlavo di compatibilità con AWS.
Quanti sviluppatori ci sono disponibili a sviluppare su API Openstack oggi? Dammi una lista di 10 clienti enter (e di quello che fanno su loro cloud) che poi ne parliamo.
Seeweb, Enter e hostingsolutions hanno dc di proprietà ma nessuno paragonabile con i grandi provider. (In ogni caso vorrei sapere i numeri che possono mostrare) e per inciso Seeweb e Enter erano proprio i miei outsider (quelli che forse ce la possono fare perchè “sono diversi”). 😉
Ciao
E
Enrico, sai dirmi 10 clienti di Google Compute Engine?
(hint: https://cloud.google.com/customers/
sono online dal loro ultimo evento, c’era un articolo su VentureBeat che ne metteva in risalto proprio la modalità “nascosta” portata avanti).
E anche quanti step hanno percorso prima di oggi? Google AppEngine è uno step anch’esso, e non è IaaS. Microsoft ha fatto un percorso simile. AWS è il solo ad avere preso una direzione “chiara” (per noi, esterni, almeno, nel 2006 mi risulta difficile pensare avessero già un disegno in testa di dove e cosa avrebbero fatto) da subito, ma fatta di tanti prodotti, che hanno una infrastruttura comune di base.
Se poi parliamo di paragone con AWS, anche a livello di DC, io credo che il discorso di base sia impostato davvero male. La mia visione è che a livello mondiale vi saranno 5 grandissimi operatori, ma che non possono andare a coprire ogni singola necessità e che soprattutto non in tutti i casi potranno andare a fornire una controparte privata. Da qui l’opportunità per il resto del mercato.
Ciao,
Stefano
Paragonare Google con Enter mi sembra una forzatura un po grossa. 😉
in ogni caso non ho dubbi che Google abbia ancora pochissimi clienti ma ha certamente un potenziale diverso da quello di Enter e probabilmente superiore a quello AWS. Le cose che sta rilasciando sono interessanti e tutte fatte in casa (molte già collaudate sulla sua infrastruttura)
Microsoft è diverso è partito con il PaaS per poi aggiungere lo IaaS (troppo avanti ? troppo radicale?)… ma è un discorso troppo lungo.
Sta di fatto che, senza togliere nulla a questi provider locali (che ripeto, stimo), le chance che hanno di vedere il successo sono relativamente poche. Nel mio articolo ho messo gli Enter e i SeeWeb nella categoria outsider e mi cito di nuovo: “In Italia esistono (pochi) service provider medio piccoli che, per un motivo o per un altro, hanno fatto scelte diverse dalla media. Scelta encomiabile e che forse, nel lungo periodo, potrebbe anche pagare… ma poi c’è da dire che siamo in Italia e di gente che ha voglia o se la sente di investire per un lungo periodo senza ricavare dei veri profitti non se ne trova tanta.”
Non mi sembra che quello che ho detto sia lontano dalla realtà: i Google possono investire cifre diverse, loro per quanto tempo potranno investire, senza guadagnare, prima di smettere? quale credibilità hanno rispetto ai Microsoft e agli Amazon?
Ultimo, ma non ultimo, di gente che fa le App e tutti questi servizi cloud se ne vede molto poca in giro (e sono per la maggior parte fuori dall’Italia). il cliente medio Italiano è azienda medio piccola con VMware o Hyper-v che ha bisogno di servizi collaterali (DRaaS per esempio).
ciao,
E
Ciao Enrico,
ci tengo a fare un po’ di chiarezza su quanto hai affermato nei confronti di Enter.
Aver lanciato 3 servizi diversi tra loro in 3 anni è stato un percorso verso il vero cloud computing senza dover dipendere da nessun vendor: siamo partiti da “semplici” VPS per arrivare a rinnovare tutta la nostra infrastruttura nella prospettiva del lancio di Enter Cloud Suite.
È stato un percorso fatto di molti investimenti (sotto ogni punto di vista) che ci ha portati ad avere un prodotto, Enter Cloud Suite, multiregion (presente nei POP di Milano, Francoforte, Amsterdam, Parigi e Londra), realmente distribuito, con API aperte, compatibili con Amazon S3 e integrabili con altre applicazioni.
Ti assicuro che i numeri ci sono. Chiaramente, come tutti, ci auguriamo che crescano il più possibile 🙂
Se ti va, ti invito a seguirci perché in maggio proporremo molte novità. Su tutte un servizio DNS as a service basato su rete anycast.
Ciao
M.
Mariano,
ripeto quello che ti ho detto mille volte e che avevo sottinteso (senza nominarvi) nell’articolo.
So che fate degli investimenti, che ci credete e che state costruendo un’offerta certamente interessante.
So anche che non è facile e siete quelli che hanno scelto una strada diversa dalla media, quindi più difficile sotto molti aspetti (compresa la quantità di investimenti necessari, in tutti i sensi, per mantenere alto il livello).
grazie mille per il tuo commento,
ciao,
E
La comparsa di SoftLayer.com sul mercato europeo metterà a dura prova i provider italiani.