Ogni volta che si parla di device mobili si dice che uno dei maggiori punti di forza di Apple è l’ecosistema, penso che la stessa cosa valga per il cloud.
Sto facendo diversi esperimenti e prove con diversi cloud per un progetto che sto portando avanti, più vado avanti e più mi rendo conto che quando usi fino in fondo strumenti e servizi cloud la differenza la fa “l’esperienza d’uso derivata dall’ecosistema”.

I cloud come i funghi

Proprio così, ISP che promettono esperienze cloud nascono come funghi ma ogni volta che vado per provare un servizio nuovo mi ritrovo in una condizione a dir poco disarmante. Spesso, anche solo ottenere un wordpress funzionante “certificato” e ottimizzato è un impresa (e io non sono più il tipo che spende ore per fare questo tipo di cose, do per scontato che ci sia già stato qualcun altro che l’abbia fatto al posto mio!)
Di solito la giustificazione del provider è che sono appena partiti, che presto aggiungeranno le features, gli strati per fare il PaaS, collaborazioni con SW vendor per offrire direttamente Virtual Appliances da pagare a consumo, ecc., ecc. ma in realtà tutto questo non avviene o se avviene avviene in maniera abbastanza discutibile.
Il problema è che, dal punto di vista dell’utente finale, non frega molto che il cloud sia “open” o “smanettabile” ma che sia realmente utilizzabile e non crei problemi di sorta… un po come avviene per gli Smartphone e i tablet.

L’ecosistema di AWS

Amazon ha un ecosistema, probabilmente il migliore che si può trovare oggi sul mercato del public cloud. Facile da usare, ricco di funzionalità, coerente ed anche con uno store (AWS marketplace) con un sacco di AMI (gli AMI sono i template delle VM Amazon) da usare liberamente o da pagare in modalità pay-as-you-go!
Certo, anche Amazon ha i suoi difetti (sempre che scelte architetturali si possano considerare difetti in assoluto) ma è un posto dove sviluppatori e terze parti hanno uno spazio ben preciso e riescono a monetizzare molto velocemente i loro sforzi.
Una cosa che mi piace particolarmente sono i tool (potrei definirli add-on o plug-in) che spesso vengono sviluppati proprio su AWS per migliorarne le funzionalità! (esempi qui e qui).

L’ecosistema VMware

Vmware non è AWS ma anche vCloud ha un suo ecosistema. Certo, in un modo diverso ma ugualmente interessante.
VMware si sta sforzando molto per portare avanti progetti (es. qui e qui) per creare un ecosistema infrastrutturale utile a chi deve creare un servizio cloud (più che a chi deve usufruirne)… in fondo VMware è un software vendor e praticamente non è lei che è in concorrenza con AWS ma i suoi clienti!
Da questo punto di vista è interessante vedere che anche se il prodotto di VMware rimane “tradizionale” e, prima di tutto, orientato alle applicazioni legacy c’è uno sforzo importante in questo senso…

Altri ecosistemi

Quelli che leggono qui lo sanno, che mi piace l’approccio di Joyent e in effetti anche loro vanno (in parte) in questa direzione e si vogliono porre in qualche modo come una via di mezzo fra Amazon e VMware proprio perché stanno lavorando sia nel creare un ecosistema pubblico (anche se decisamente più limitato di quello di AWS) e una infrastruttura per creare dei cloud (a supporto dei provider). Il loro è un progetto ambizioso che continuo a tenere d’occhio per diversi motivi.
Non è finita qui ovviamente. Altri player internazionali come Rackspace, ad esempio, stanno lavorando in questa direzione (anche se il progetto OpenStack in particolare mi lascia sempre con molti dubbi). Poi ammetto che di nomi in giro se ne fanno sempre tanti ma non vengono mai fuori nelle occasioni giuste…
In Italia invece mi sembra quasi che ci sia più una rincorsa, magari poi viene fuori che mi sbaglio: alcuni provider confondono sempre di più il cloud con un hosting di nuova generazione dove il cambiamento più importante lo vedono nel meccanismo di pagamento…

Investire in ecosistemi

Amazon, tanto per fare il solito esempio, ha investito molto nel suo cloud ma non lo ha fatto solo nell’infrastruttura ha speso tanto anche nell’evangelizzazione e nella creazione dell’ecosistema. In questo caso la parola ecosistema comprende anche gli utenti/sviluppatori. In pratica, il cloud provider locale/italiano deve investire nella creazione del suo ecosistema se vuole confrontarsi in un mercato così competitivo… Il fatto che “i dati devono risiedere entro i confini nazionali” è valido per pochi tipi di dati di carattere legale/fiscale e comunque l’offerta a livello europeo sta crescendo velocemente con barriere sempre più labili.
Forse è proprio sotto questo punto di vista che soluzioni come Openstack (se fossero sufficientemente mature) potrebbero dare una mano ai piccoli ISP.
L’investimento nella parte infrastruttura sarebbe limitato mentre si potrebbero spendere soldi per fare due cose:
1) educare utenti e sviluppatori sulle funzionalità, le API e la visione di un cloud AWS-like ma “open”
2) coinvolgere partner e sviluppatori per creare una sorta di marketplace dove guadagnare entrambi su “appliances” ottimizzati per il proprio cloud.

Nota finale

Ricapitolando, l’utente finale del cloud pretende una esperienza d’uso che sia all’altezza delle sue aspettative… alla gente non piace tornare indietro, quindi pretende di vedere una cosa totalmente nuova (AWS-like) per la quale è disposta a modificare il suo modo di ragionare (ed imparare) o una evoluzione di ciò che conosce bene (VMware e la virtualizzazione in generale) per il quale pretende tutto quello che ha già.
Se gli si presenta un cloud con solo la possibilità di creare una VM e di poterci fare le stesse operazioni che faceva 10 anni fa durante le sue prime esperienze di virtualizzazione è ovvio che l’esperienza d’uso sarà pessima.