Converged stack è un termine abbastanza nuovo nell’area delle infrastrutture IT che significa semplicemente: soluzione standard contenente tutti gli elementi utili a costruire una infrastruttura IT (normalmente per la virtualizzazione, ma ne esistono anche per applicazioni specifiche). L’obiettivo è di creare dei building block (sotto forma di rack) semplici, omogenei, facili da gestire e mantenere. Insomma, per semplificare al massimo, stiamo parlando di intere infrastrutture viste come se fossero degli appliances.
VCE e NetApp sono sul mercato con le loro infrastrutture converged (vBlocks e FlexPods) da oltre un anno.
Un paio di mesi fa, Dell ha annunciato il suo vStart: “appliance” (rack) completo pre-configurato in fabbrica particolarmente indicato per l’SMB (anche se non proprio l’SMB italiano) per realizzare infrastrutture virtualizzata “out of the box” (puoi trovare un articolo sul vStart qui).
La settimana scorsa, HP ha annunciato i Virtualsystem: anche qui si parla di building block integrati che comprendono server, storage e networking, più alcuni tool di management, per “accelerare il deployment e semplificare il management di infrastrutture virtutalizzate”. (in realtà l’annuncio comprendeva anche gli AppSystem e i CloudSystem: stesso hardware, con obiettivi diversi ma sempre in linea con questa filosofia).
Qualche giorno fa anche Oracle ha annunciato la sua (a mio avviso ridicola) proposta di “cloud” privato (qui una WP, perchè non trovo il link alla press release).
Ieri, HDS ha annunciato la sua prima “converged datacenter solution“, l’annuncio non è era molto chiaro in realtà e sembrava quasi un “anche io”!
Primo o poi, ne sono sicuro, anche IBM salterà sul carro dei converged stacks!
Gli obiettivi dei vendor e gli interessi dei clienti
L’obiettivo primario dei (server) vendor è molto chiaro: vendere componenti commodity (standard) dove il valore non è dato dalla tecnologia ma dalla soluzione integrata fornita dal singolo vendor e “good enough”.
Questa strategia può aiutare a velocizzare molto il processo di vendita e di deployment dell’infrastruttura perchè la compplessità degli ambienti IT aumenta continuamente mentre i clienti stanno cercando, in ogni modo, di contenerla o diminuirla.
Pensare all’intera infrastruttura IT come fosse un kit di mattoncini LEGO è molto interessante perchè promette una infrastruttura standard e “good enough” senza le fatica di doverla costruire. Standard, fra l’altro, significa anche economica e facile così da poterti permettere di muovere risorse, che prima si dedicavano all’infrastruttura, a gestire applicazioni e processi.
Il secondo motivo importante riguarda il processo di pre/post vendita e le persone che ne sono coinvolte. Fino ad oggi, per vendere una infrastruttura, era necessario un team di persone skillate nel disegno, nella configurazione e nell’implementazione, in grado poi di poter consegnare al cliente un progetto credibile (l’investimento può essere importante e non sempre viene remunerato adeguatamente). Dall’altra parte è necessario poco di più che un venditore neanche troppo preparato (o un rivenditore qualunque) e qualcuno che sappia attaccare la spina o poco più, capace solo di vendere una scatola nera che supporta un numero medio di macchine virtuali. Insomma una vendita molto più semplice da “un tanto al Kg”: come vendere mele al mercato.
Per rafforzare quanto ho detto sopra è sufficiente dare un’occhiata alle specifiche di queste infrastrutture converged (almeno di quelle dell’ultima generazione) il primo punto, e il più sottolineato, riguarda sempre il numero delle macchine virtuali supportate in media da ogni “mattoncino”.
E’ chiaro che i grandi vendor non sono interessati a soluzioni sartoriali quanto dai grandi numeri che si possono ottenere dai volumi!
Quando “good enough” non è abbastanza
In pratica, queste scatole nere sono più che valide (“good enough”) per la maggior parte delle aziende ma, qualche volta, abbastanza buono non è sufficiente! (recentemente, Fabio ha scritto un articolo proprio su questo argomento).
Normalmente, i converged stack, sono configurazioni fisse (es. se ho bisogno di più RAM o IOPS o CPU non posso aggiungerli ma devo comprarne un secondo): se questo non è un problema in grandi infrastrutture (dove posso acquistare un altro mattoncino e poi fare un ribilanciamento) non posso dire lo stesso per le infrastrutture piccole (dove comprare un “mattoncino” può significare raddoppiare la struttura) o anche in infrastrutture più verticali (ISP, HPC, ecc.). In questi casi, l’unico modo di procedere è affidarsi alla progettazione tradizionale dell’architettura.
Nota finale
Gli stack converged sono sicuramente la strada da percorrere per tutte quelle aziende che non hanno risorse o voglia di avere troppo a che fare con problemi di infrastruttura (specialmente nell’SMB). Dall’altra parte i rischi di lock-in con un singolo vendor e la disponibilità di un team/partner all’altezza, può far propendere l’utente finale una infrastruttura particolarmente ottimizzata disegnata appositamente per i bisogni specifici dell’azienda
Concordo su tutto, ma secondo me si tratta di comprendere il fatto che siamo al primo step di evoluzione. L’approccio mi sembra molto in stile “Vi vendiamo il mattoncino di tre tipi diversi, quale vi piace di più?”. Vediamo come vanno le cose sul mercato, chi arriva per ultimo è fuori dal giro e quindi ora c’è la corsa al “ci sono anche io” come giustamente fai notare.
E’ probabile che qualora si crei un mercato fertile potremo vedere il secondo step evolutivo, che credo andrà nella direzione della maggior personalizzazione a parità di garanzia del supporto, e NetApp mi sembra la più dinamica nell’aver recepito questa esigenza.
Concordo su tutto, ma secondo me si tratta di comprendere il fatto che siamo al primo step di evoluzione. L’approccio mi sembra molto in stile “Vi vendiamo il mattoncino di tre tipi diversi, quale vi piace di più?”. Vediamo come vanno le cose sul mercato, chi arriva per ultimo è fuori dal giro e quindi ora c’è la corsa al “ci sono anche io” come giustamente fai notare.
E’ probabile che qualora si crei un mercato fertile potremo vedere il secondo step evolutivo, che credo andrà nella direzione della maggior personalizzazione a parità di garanzia del supporto, e NetApp mi sembra la più dinamica nell’aver recepito questa esigenza.
Concordo su tutto, ma secondo me si tratta di comprendere il fatto che siamo al primo step di evoluzione. L’approccio mi sembra molto in stile “Vi vendiamo il mattoncino di tre tipi diversi, quale vi piace di più?”. Vediamo come vanno le cose sul mercato, chi arriva per ultimo è fuori dal giro e quindi ora c’è la corsa al “ci sono anche io” come giustamente fai notare.
E’ probabile che qualora si crei un mercato fertile potremo vedere il secondo step evolutivo, che credo andrà nella direzione della maggior personalizzazione a parità di garanzia del supporto, e NetApp mi sembra la più dinamica nell’aver recepito questa esigenza.