Avviso importante prima di andare avanti: questo post, se ci fosse una categoria specifica in questo blog, dovrebbe essere classificato fra i “sogni irrealizzabili” o “stupidaggini galattiche”. E’ una idea che mi era balenata già un paio di anni fa ma che poi è rimasta sempre a livello di chiacchiere da bar… la pubblico perché magari, un giorno, questa balzana idea potrebbe piacere a qualche pazzo (con i soldi) e magari gli potrebbe anche voglia di realizzarla. Ripeto, questo post non fa media!

Il cloud in Italia

A parte qualche caso particolare, il cloud in Italia fa ridere (o più democristianamente “non è maturo”). Non ci sono DC decenti, se ci sono sono già pieni per altri motivi. Gli interlocutori credibili, anche qui a parte i casi particolari, sono pochi e quelli che “istituzionalmente” dovrebbero esserlo sono assenti.
Quelli che ho definito “casi particolari” sono poi quelli che avevano i DC, avevano l’esperienza, hanno colto il momento e stanno mettendo tutto a frutto. Aruba è un esempio calzante, il più facile da individuare e forse uno dei pochi che potrebbe avere anche un respiro europeo… ma per tutti gli altri???
Attenzione, con questo non voglio fare un elogio ad Aruba, ci sono anche altri più piccoli che stanno provando a fare cose diverse e che ammiro per questo. Enter, ad esempio, sta investendo molto sullo sviluppo della sua infrastruttura cloud: hanno una roadmap (che già avere una roadmap per un ISP italiano è un impresa) e obiettivi di espansione extra-territoriali. Ma sono comunque pochi, e non sono la media.

Gli esempi di cloud realizzati all’estero si sprecano e anche molte offerte che troviamo in Italia fanno poi leva su infrastrutture estere. L’infrastruttura locale (dove locale intendo Italiana) dovrebbe garantire, come minimo, la località dei dati e la possibilità di interloquire in Italiano (anche dal punto di vista legale/contrattuale): un elemento importante per chi deve decidere di portare i dati fuori dalla sua azienda o disquisire sugli SLA.
Ma non c’è solo questo: il cloud mantenuto in Italia dovrebbe dare posti di lavoro e far girare più soldi qui (il famoso PIL).

Lo sgabuzzino

iStock_000001746969MediumMi capita sempre più spesso di incontrare rivenditori, distributori o Hosting provider piccolini che si spacciano per CSP. Spesso si parla di aziende che avevano uno sgabuzzino (magari anche due o tre) e che li hanno riconvertiti a DC. (consiglio sempre ai miei clienti di chiedere di quanti Mq è il DC del potenziale fornitore e se si può visitare).
In alternativa hanno 3/4 server in un DC Telecom, quello è il loro cloud!
Spacciare questo per cloud è veramente difficile, garantire SLA lo è ancora di più. I clienti non sono scemi e alla fine “il cloud non vende”.

Il container (lo sgabuzzino 2.0)

272593725_d4ed23e540_oNon so chi se lo ricorda, è passato un po di moda, ma esistono dei container che possono contenere un intero DC (distribuzione elettrica, condizionamento, sicurezza, rack, networking, server, ecc.).
E’ facile da trasportare, da installare e da far partire (basta corrente, acqua e una connessione ad internet). Il container non costa poco perché deve essere costruito a regola d’arte ma sei sicuro che ha caratteristiche di eccellenza.
Allo stesso tempo è stato inventato per essere utilizzato in condizioni limite e può quindi essere posizionato anche in giardino!
Fra l’altro, essendo noi in Italia, non è una struttura fissa ed è probabile che sia molto meno problematica da gestire di tutta la burocrazia per ristrutturare o costruire un DC vero.
Ultimo, ma non ultimo, potrebbe stare in un campo vicino all’autostrada o vicino a qualsiasi altra infrastruttura dove far arrivare la fibra costa poco!!! (sto esagerando ma serve per capire)
Insomma, rimane uno sgabuzzino ma uno sgabuzzino standard di eccellenza e trasportabile dove c’è banda a basso costo!

Peer-to-peer

L’idea è quella che uno si compra uno di questi DC/container (non pieno magari visto che costerebbe troppo), lo connette alla rete ad una velocità e ne condivide parte con il resto della comunità.
0_600_800_http-__i.haymarket.net.au_news_DatapoddooropenIn pratica, ad esempio, se all’interno del container ci sono 100 server metà sono acceduti direttamente mentre l’altra metà viene ceduta alla comunità. Io ho sempre accesso a 100 server ma 50 localmente e 50 dispersi per l’Italia.
Poi si potrebbe andare più a fondo dicendo che parte di quei 100 server potrebbero essere usati per servizi di infrastruttura come object storage o altri (ma qui si va già a dettagliare troppo).
Comunque, per dare l’idea, è lo stesso meccanismo che usate per scaricare i film illegalmente: prendete delle risorse dalla rete e ne date.
Un altro meccanismo ancora, forse il più furbo, potrebbe essere quello di creare un vero e proprio “mercato del cloud” dove viene dato un prezzo alle risorse e queste le pago o mi vengono pagate in funzione di chi le va ad utilizzare.

Nota finale

Sarebbe necessaria un’azienda che gestisce tutto il meccanismo, che garantisce e controlla la rete, il provisioning, ecc.
Magari sarebbe questa che deve anche vendere i container (più uguali possibile) e quindi fare da garante, gestire la rete e tutti i servizi di base.
Se ci fosse un numero decente di aziende sparse per l’Italia (che a questo punto potrebbero essere sia utenti finali -pubblici e privati- o distributori/rivenditori) si potrebbe creare una rete cloud nazionale efficiente, distribuita e potenzialmente molto più resiliente dello sgabuzzino singolo!

Ok, l’ho detta. Ho esagerato?
Mi fermo qui perché so che quello che ho scritto è una mezza follia, però…. 😉