Uno degli incontri più interessanti che ho avuto durante l’ultima settimana che ho passato a San Francisco è stato sicuramente quello con Joyent. Joyent è stata fondata nel 2004 ed è un “cloud software infrastrutture provider”.
L’azienda sta crescendo, è ben finanziata e ha uffici in USA, Europa (dove presto inaugurerà un grande Datacenter) e Asia.
In questi anni ha portato avanti una campagna di assunzioni molto importanti per acquisire sviluppatori strategici da Oracle e Sun.
Il nome Joyent gira da molto tempo fra gli addetti ai lavori e conosco diverse persone soddisfatte che già usufruiscono dei loro servizi.

Cosa fa Joyent

Inporatica Joyent fa due cose: hanno il secondo cloud pubblico in termini di importanza (dopo Amazon) e una soluzione per realizzare cloud privati chiamati SmartDataCenter. Il team di joyent è anche attivo nello sviluppo opensource su progetti come SmartOS (un derivato di Soalris che sta alla base di tutta la sua proposta commerciale) e Node.js (un framework javascript per realizzare applicazioni internet), per i quali forniscono anche servizi professionali.
Non ho molto da dire sulla parte legata al public cloud: sono molto conosciuti nell’industria per il fatto che danno un servizio valido ad un prezzo ragionevole, ma non l’ho mai provato in prima persona. E’ chiaro comunque che l’obiettivo di Joyent è quello di attrarre clienti nel mercato Enterprise con un servizio migliore, anche se con un prezzo più elevato, se comparato con il leader di mercato.

Il cloud privato intrigante

Penso che SmartDataCenter sia il prodotto Joyent più intrigante.
In pratica, si tratta della stessa piattaforma che Joyent usa al suo interno pacchettizzata e venduta come prodotto. In realtà, non sono i soli: altri cloud provider stanno facendo mosse simili (ad esempio, Rackspace rilascerà presto un’offerta dello stesso tipo basata su Openstack) ma penso che, al momento, le soluzioni dei concorrenti non siano paragonabili.

Uno dei grandi vantaggi dello SMARTDataCenter è SmartOS. Questo sistema operativo, basato su un kernel Solaris con DTrace e ZFS, potrebbe essere un elemento decisamente interessante per realizzare la base di una infrastruttura cloud. Joyent ha fatto un sacco di lavoro su questo fork di Solaris aggiungendo funzionalità come KVM e facendolo quindi diventare un vero hypervisor (un obiettivo fallito in passato dalla stessa Sun con il progetto xVM). Penso che SmartOS meriti un valutazione approfondita, soprattutto se sei uno di quei fan di Soalris pre-Oracle come lo sono stato io! (senza menzionare il fatto che può essere un buon candidato per migrare installazioni da Oracle Solaris…)
La lista dei sistemi operativi supportati non è male: certo, è lontanissima dagli standard a cui ci ha abituato VMware, ma SmartOS supporta le ultimi e generazioni dei vari LINUX, BSD e sistemi operativi per server di Microsoft come anche istanze Solaris-like di SmartOS.

Sopra SmartOS si può trovare uno strato di orchestrazione/management dedicato al supporto degli utenti finali e dei sys admin. Qui si possono trovare funzionalità per di portal management, analytics (eccellente per trovare problemi di performance ad esempio) e un set di API utili per interoperare con la piattaforma (ad esempio, cose come il chargeback per il billing non ci sono!!!)

Uno degli aspetti di forza di SmartDataCenter è che può essere installato su hardware commodity x86 e non ha bisogno di stack specializzati come quelli messi in campo da aziende come VCE, HP, Dell o NetApp.

SmartDataCenter è essenzialmente un software (con inclusi servizi e supporto) ed è licenziato in base al numero di nodi/core. La cosa buona è che si può quindi partire con una installazione minima per poi crescere con il numero dei nodi in funzione delle necessità. Il risultato è quello di avere una piccola (a volte minuscola) cloud privata che si può espandere localmente, ma è anche possibile muovere parte del workload verson su un cloud provider locale che adottato SmartDataCenter (Libero è un esempio qui in Italia) o direttamente sul gigantesco cloud pubblico di Joyent.

Nota finale

I Cloud privati sono qui e il gioco è partito di nuovo.
All’inizio si parlava di stack infrastrutturali (come quelli di HP, Dell, VCE, NetApp) con scarse integrazioni software ma ora che il gioco si fa più serio si parla di software!
Il focus non è più sulla virtualizzazione, dove è chiaro che VMware ha vinto a mani basse, ma sulla “cloudizzazione”: orchestrazione, integrazione applicativa, self/auto provisioning/monitoring, architetture scale-out e così via. VMware è un buon player con una soluzione enterprise e dei buoni tool ma, dall’altra parte, abbiamo i grandi cloud provider che hanno un vastissimo know-how proprio in questi temi.
Aggiungo anche che questi prodotti architetture sono stati disegnati e testati da zero per risolvere questo tipo di problemi in modo diverso e più scalabile se comparati con soluzioni più tradizionali!
Sarà veramente interessante capire chi prevarrà in questa era “post virtualizzazione”.