Ok, L’Italia tutta è al collasso ma io mi occupo di IT in prima persona e di questo mi tocca parlare. Dopo il mio articolo “Sul valore di scrivere un blog di IT in Italiano” è scaturita una discussione (che ancora va avanti su Twitter se siete interessati). In questo post voglio esprimere il mio punto di vista e contribuire ulteriormente a quella discussione.

E’ colpa di tutti

iStock_000017020708SmallIl primo colpevole, come sempre in Italia, è la classe politica. Questo è facile, la maggior parte dei politici oltre ad essere ignorante (nel senso che ignora la materia) è anche miope, autoreferenziale, corrotta e chi più ne ha più ne metta (quindi è anche ignorante nel senso più bastardo del termine). Questo, associato ad una classe di imprenditori che di imprenditore hanno solo il nome, ha fatto implodere negli anni tutto quanto di tecnologico c’era in Italia… a partire dall’Olivetti!

La lista dei colpevoli comunque non finisce qui. Ci si possono mettere acne tutti quelli che hanno sviluppato il loro primo gestionale negli anni ottanta e che vivono ancora di rendita su oggetti ridicoli che ormai stanno insieme con spago e scoth (e magari girano ancora sull’AS/400). Questi, ad esempio, ormai puntano alla pensione e, oltre a fregargli poco del futuro delle loro aziende/tecnologie, hanno anche una certa spocchia perché pensano di aver creato qualche cosa di importante (molti di importante hanno la villa, l’Audi grossa e qualche altra rendita qui e la).

Vivere di rendita

iStock_000001747187XSmallTutti Molti degli “informatici” di quella classe li, di informatica moderna non sanno nulla. Vivono di rendita o poco più.
Ma il problema vero non è quello, il problema vero che chi poteva investire e creare del valore non l’ha fatto, l’obiettivo è sempre stato quello di puntare ad una posizione tale da poter vivere di rendita.
Ammettiamolo, questo comportamento è nell’indole dell’Italiano medio e, alla fine, tutti questi imprenditori politici sono l’espressione proprio di quell’Italiano medio.

Schiacciati

Certo è vero anche che Imprenditore non è sinonimo di Sammaritano. L’imprenditore vuole costruire qualche cosa ma vuole anche guadagnare (molto possibilmente).

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In Italia non ci sono le condizioni e basta: le tasse sono alte, alcune tasse le paghi anche se non guadagni, il costo del lavoro è elevato, la burocrazia è kafkiana, la corruzione e le collusioni mafiose (non solo quelle di cosa nostra e simili) è molto più presente di quanto si creda.

Senza contare che voglio vedere come fai a giustificare alla guardi di finanza un’azienda che, magari per anni, non guadagna… non voglio neanche pensare allo studio di settore del caso o a non so quale altro marchingegno machiavellico.

Ogni tipo di investimento viene penalizzato (anche solo un corso per migliorare le proprie competenze) e quindi le aziende si guardano bene dal tirare fuori soldi!

Deserto, terzo mondo e Ipocrisia

iStock_000016101435MediumQuindi? Quindi non è facile. Si parla spesso di Italia come “deserto informatico” o “terzo mondo informatico” e, purtroppo è vero. Anche le aziende che vengono da fuori non considerano più l’Italia come paese strategico (investono prima in UK, Germania, Francia, nord Europa… L’italia ormai fa parte del resto dell’europa).

Secondo me c’è anche un problema di fondo e si chiama Ipocrisia (la I maiuscola non è un caso) e l’unica cosa da fare è ricostruire da zero.

Ad esempio, gli Startupper (termine che ho cercato su Google e si usa solo in Italia) sono spesso li per fare investimenti ridicoli su progetti ridicoli solo per farsi belli sui giornali e poter dire ai loro amici quanto sono belli! Metto nel conto anche molti incubatori, figli di quegli imprenditori che hanno disossato l’Italia, che sembrano più dei giochini che altro.
Questi “imprenditori” fanno anche qualche investimento ma, soprattuto quando la tecnologia è particolarmente innovativa, le startup ci mettono degli anni a diventare profittevoli e, ad ogni giro di finanziamenti, rilanci o diluisci le tue quote… la mentalità Italiana non funziona così: magari piccolo, ma voglio tutto io, dove decido io, perché so io come si fa e gli altri non capiscono un c… mi sbaglio?
Mi piacerebbe, una volta, andare ad una di quelle riunioni degli startuppari e alzare la mano per fare qualche domanda un po più cruda… tanto per vedere le reazioni.

Non metto in dubbio che qualche starup Italiana ci sia, ma sono mosche bianche, se vai in Silicon Valley (o Boston, o Seattle, o…) c’è una densità di almeno cento volte tanto (non quantità, densità!)

Emigrare è un’opzione, lo fanno in tanti e non vedo cosa c’è di male da un punto di vista lavorativo. Certò, L’Italia tutta ci perde ogni volta che un ingegnere emigra ma per lui la vita può cambiare radicalmente. C’è anche l’imprenditore che fa la società all’estero e sfrutta i bravi ingegneri Italiani sviluppando da noi? Bravo (ma lo fa solo perché in Silicon Valley un ingegnere prende Molto di più – anche in questo caso la M maiuscola non è un caso).

Una delle cose che mi fanno più tristezza sono poi i giornali che, non solo per quale motivo, vogliono continuare con questa “voglia di speranza” e continuano a pubblicare articoli su startup che, se non vengono comprate, fanno qualche App idiota o qualche oggettino che se anche avrà successo rimarrà una cosa poco più che locale. (ricordo a tutti che se fai una App idiota in Silicon Valley e questa ha successo le valutazioni sono sempre fra le centinaia di Milioni e i Miliardi di dollari, incomparabile!).

E poi, diciamocelo, noi le App non le sappiamo fare… ma questo è un altro discorso.

Ricostruire

iStock_000013770837LargeDicevo che per cambiare rotta è necesario ricostruire. Intendiamoci, non è l’IT da solo che può cambiare le cose è il sistema paese che deve farlo! Però se noi informatici ci piangiamo addosso e non iniziamo a farci trovare pronti per ogni opportunità non porteremo mai il nostro contributo.

La classe politica è ancora del tutto inerte (chi mi segue su Twitter sa bene come la penso sull’immobilità del nostro presidente del consiglio) e quindi è necessario farsi più furbi e sfruttare altre idee.

Io sono anni che cerco di portare avanti alcune idee, espresse poi per la maggior parte con le attività di questo blog, il mio lavoro e i seminari gratuiti Juku unplugged: maggiore formazione e informazione, in una parola maggiore cultura. Riguardo ai Juku unplugged non vorrei fare pubblicità, anche se poi il 19 marzo ci sarà un seminario a Milano proprio su alcuni nuovi approcci a problematiche ormai classiche. 😉

Una volta, tanti anni fa, la cultura la facevano i vendor. Poi questa pratica si è persa perché sono tutti schiacciati dai target trimestrali e ogni investimento lo fanno per cercare di ottenere lead. E’ una strategia che, come hanno dimostrato di fatti, non paga ma le dinamiche della multinazionale sono difficili da combattere.
L’anno scorso comunque, attraverso alcuni progetti finanziati proprio da alcuni vendor, sono riuscito a coniugare le loro esigenze con la voglia dei loro interlocutori di essere più in/formati (alcuni esempi qui)… e sono molto fiero di alcuni dei risultati ottenuti.

La cultura è il primo obiettivo. Più la cultura (informatica) è elevata più sei consapevole delle tue scelte e di quello a cui queste portano. La conoscenza ha conseguenze importanti come, ad esempio, la possibilità di prendere decisioni strategiche senza aver paura perché si sa come funzionano le cose.

Il secondo passo

iStock_000015338006MediumLa cultura da sola non basta. Sia che si parli di imprenditori dell’IT che di utenti finali alla fine contano anche gli investimenti. Qui è più complicato ma, ripeto, partendo dalla cultura è più facile prendere decisioni che portano a risultati positivi (sempre sfortuna a parte). Dimostrare poi di avere avuto dei risultati positivi incentiva ulteriori investimenti. E’ una spirale virtuosa… almeno in attesa che questo paese faccia qualche cosa di concreto su agenda digitale e altri temi strategici per il lavoro e per le aziende.

Di passi da fare ce ne sono tanti e anche di strategie diverse da seguire, siamo un passe del terzo mondo in fondo quando si parla di informatica e sono sicuro che per molte cose basterebbe vedere cosa succede in altri paesi.

Perché è importante

L’IT è fondamentale per tutto quello che riguarda la competitività dell’azienda, le nostre vite di tutti i giorni e per il futuro. In Italia abbiamo la fortuna di avere gente molto più smart che in altri paesi. Non so perché ma, forse proprio per il fatto che cerchiamo sempre di girare intorno ai problemi, siamo anche quelli che hanno più fantasia.

Lamentarsi è il primo segno di disagio, farlo in pubblico (sui social media) può innescare la discussione, se la discussione non è fine a se stessa e se le idee vengono condivise e poi sviluppate nasce una piccola rivoluzione (pacifica, mi raccomando 😉 ). E, magari, un po alla volta questo paese inizierà a cambiare rotta… speriamo!

PS: anche io conosco qualche startup, o piccola azienda decisamente innovativa. Non viene messa indubbio la loro esistenza, magari hanno anche un certo successo, è che fanno più fatica di quello che farebbero da altre parti…