Mi capita spesso di riprendere il discorso dell’outsourcing con alcuni clienti ed è sempre più evidente come il modello tradizionale sia superato e stia stretto a tutti!

Introduzione

Ancora oggi, in molte aziende italiane, si presentano i commerciali di “primarie aziende dell’IT e della Telefonia” (non voglio fare nomi) che promettono risparmi epocali grazie all’outsourcing! Il modello proposto è ancora quello che era in voga tanti anni fa e si può riassumere in: “veniamo qui, portiamo via tutto e tu pagherai solo un canone”. Wow! pirotecnico!!! Il primo impatto, soprattutto sul management è devastante (vedi proprio che gli brillano gli occhi): mai più assett da gestire, niente più risorse umane, costi “certi” e SLA garantiti. Insomma, quello che tutti gli amministratori di un’azienda vorrebbero.

La dura realtà

In realtà, chi si è fatto convincere da questo modello, ha scoperto che non sono tutte rose e fiori ma, anzi, se non si sta attenti si entra in un tunnel senza fine.
Nel 20011, l’IT deve essere flessibile, in continua evoluzione, e deve avere una reattività alle richieste aziendali che oserei dire immediata: ne va della competitività dell’azienda stessa. Il problema dell’ outsourcing orizzontale sta proprio nel fatto che nessuno nasce “tuttologo” e che il provider non è in grado di dare un adeguato servizio su quello che si mette in casa! Già, perchè esistono software diversi, personalizzazioni, sistemi operativi, tool di gestione diversi, ecc. e, per quanto promesso in fase di prevendita, è impossibile mantenere un buon livello di servizio e, contemporaneamente abbattere i costi di esercizio. 
Avviene quindi che il provider si organizza con una struttura a livelli e cerca, per quanto possibile, di limitare le possibilità di scalare le richieste del cliente verso l’alto! Il primo livello, di solito, è formato da quelle che potremmo definire delle “scimmie addestrate a risolvere problemi banali” (spesso con scarsa esperienza e con una visibilità molto limitata dell’intera infrastruttura) e i successivi sono subappaltati a dei professionisti esterni (magari sottopagati e a consuntivo!); Ne deriva che ogni richiesta particolare del cliente viene gestita come una eccezione (riunioni su riunioni, preventivi commerciali, altre riunioni) e in qualche modo vengono scoraggiate tutte quelle attività che potrebbero complicare troppo la vita di chi deve poi gestire il tutto.

I clienti che passano all’outsourcing si trovano quindi legati mani e piedi e, molto spesso, all’interno dell’azienda nasce una nuova infrastruttura IT adibita a “progetti speciali” proprio per tentare di sopravvivere all’outsourcing stesso e dare delle risposte adeguate all’azienda. 
Il problema di creare una nuova infrastruttura (e quindi asset e risorse umane per gestirla) diviene ancora più delicato da gestire quando è necessario spiegare al management che, “si, bravo! hai voluto l’outsourcing per risparmiare ???!!! adesso come lo giustifichi che dobbiamo ripartire da zero: ricreare una infrastruttura, ricostruire gli skill persi, ecc???”

Il compromesso

La risposta all’inadeguatezza dell’outsourcing orizzontale è venuta da una seconda generazione di outsourcer specialistici o verticali. Provider capaci di fare una cosa sola ma di farla al meglio (spesso a livello globale) e con costi molto più contenuti dell’outsourcer tradizionale. Questi provider hanno dei livelli di certificazione altissimi per i prodotti che gestiscono, prezzi a dir poco competitivi grazie all’economia di scala e alla ripetitività dei loro progetti, inoltre possono reagire immediatamente alle richieste del cliente perchè non esiste “la scimmia” del primo livello ma solo risorse competenti che sanno di cosa parlano e conoscono l’infrastruttura!
Dare in outsourcing pezzi dell’infrastruttura a fornitori diversi ha anche altri vantaggi: facilità di eventuale migrazione futura ad altro provider, possibilità di mantenere soluzioni semplici, meno rischi per l’azienda in caso di problemi di uno dei provider. Certo, esiste anche l’altra faccia della medaglia, c’è la possibilità che i fornitori diventino troppi e che il coordinamento di questi possa diventare molto faticoso, ma rimane comunque un di cui se confrontato con la selva oscura dell’outsourcing tradizionale. 
L’outsourcing verticale ha anche il grande vantaggio di poter dismettere solo parte dell’infrastruttura originaria lasciando comunque in casa tutti i servizi IT che, per un motivo o per l’altro, è preferibile non allontanare dall’azienda stessa o, magari, costa di meno gestirli in casa.

Il prossimo passo

Mentre gli outsourcer tradizionali non sono in grado di evolvere ulteriormente, quelli verticali possono diventare facilmente dei cloud provider! (molti lo stanno già facendo)

Il cliente ha quindi un provider professionale di cui si fida e i vantaggi del modello cloud: elasticità dell’infrastruttura e pay-per-use, tanto per citarei i primi due che mi vengono in mente! In questo caso, il modello SaaS (Software as a Service), è quello vincente. Il cliente può quindi spostare sempre più risorse nell’organizzazione e nella gestione dei processi eliminando di fatto tutte le problematiche legate alla gestione dell’infrastruttura sottostante.

Nota Finale

Se è vero che l’IT aziendale del futuro sarà basato su infrastrutture ibride (cloud pubblico + cloud privato ), è vero anche che oggi mancano ancora molti degli strumenti che permetteranno di migrare i workload dal privato al pubblico (e viceversa); ma la strada è quella ed è giusto guardarsi intorno per cercare quei partner che stanno lavorando per andare in quella direzione: spezzare il problema della gestione IT in piccole parti e delegarle internamente o a fornitori esterni specializzati, evitando accuratamente soluzioni rigide e di totale lock-in come l’ormai obsoleto outsourcing tradizionale.