Scality è una piccola startup che si occupa di object storage e di cui mi capita di parlare abbastanza spesso. In Italia, fra l’altro, sta riscuotendo un notevole successo (hanno 5 clienti e una serie di progetti interessanti in vista).
Da un lato mi è facile parlarne perché è una delle poche startup di storage che sono nate in Europa (anche se ora hanno una sede anche a San Francisco) e dall’altro perché la tecnologia che stanno sviluppando ha tutte le carte in regola per fare bene. E poi, diciamo la verità, l’object storage è un argomento che mi affascina e in cui credo molto, per cui ogni scusa è buona.

Non il classico object storage

Il prodotto che sta sviluppando Scality si chiama RING e poco tempo fa ne è stata presentata la versione 4. Un aggiornamento importante che aggiunge sia funzionalità core (come, ad esempio, gli erasure codes) che funzionalità di frontend (come, il supporto di un file system scale out).
La cosa interessante è che il prodotto ha prestazioni decisamente superiori rispetto alle aspettative che si potrebbero avere da un oggetto di questo tipo e, proprio per l’architettura totalmente scale-out, queste si mantengono inalterate (se non migliori) aggiungendo ulteriori nodi e spazio disco!

Le novità non si fermano a quello che è stato presentato con la 4 ma, durante l’ultimo anno, erano state aggiunte diverse cose che lo hanno fatto diventare sempre più appetibile (soprattuto ai service provider): il supporto ad OpenStack e API compatibili con Amazon S3 sono alcuni dei suoi punti di forza.

Non solo public cloud, non solo provider

Jérôme, il CEO dell’azienda, ha cambiato un po la sua visione rispetto ad un anno fa (forse anche per questo lo sviluppo ha funzionalità aggiuntive rispetto ad un classico object storage). Praticamente in Scality si sono resi conto che non esistono solo i service provider (ma va?), e che anche le grandi aziende stanno guardando al cloud in modo molto serio… in questo caso si parla di private cloud.
Voglio essere chiaro, si parla sempre di progetti con una dimensione di almeno un centinaio di TB per giustificare questo tipo di architetture ma non è una novità affermare che tutte le aziende stanno vivendo una crescita dei dati abnorme e che quindi devono fare qualche cosa per abbattere il TCO. Quando i numeri sono importanti non c’è public cloud che tenga e ritorna conveniente sviluppare infrastrutture interne.
E poi, come ho scritto ultimamente, le cose stanno cambiano e uno storage ad oggetti indirizza problemi che prima non c’erano!

Manca il NAS

Se devo dirla proprio tutta, Scality dovrebbe fornire anche una soluzione NAS (o fare un accordo con qualcuno che gli possa dare un prodotto in OEM). Sarebbe l’asso di briscola proprio per entrare a testa bassa nel mercato degli storage enterprise. Purtroppo non mi sembra che il NAS gateway sia fra le loro priorità ma spero che la cosa cambi presto.

Nota finale

Scality è uno di quei prodotti da mettere in lista quando si deve pensare ad progetto object storage. Non è un prodotto adatto per installazioni piccole (sotto i 100 TB perde molto del suo valore aggiunto e l’architettura scale-out perde molto della sua economicità) ma in tutte quelle situazioni dove i numeri sono importanti ha molte carte da giocare.
Nel prossimo anno sarà molto importante per loro coltivare partnership strategiche (ne hanno già con SGI, Dell, HP, CISCO), il loro prodotto rimane di nicchia al momento ma risolve problemi che questi vendor non possono indirizzare da soli… In alcuni casi, proprio questi partner, potrebbero integrare i loro NAS con un backend Scality… chissà.

Disclaimer: Sono stato invitato a questo meeting da Condor Consulting Group e loro hanno pagato per il viaggio e l’alloggio. Non sono stato ricompensato in alcun modo per il mio tempo e non sono in obbligo di scrivere articoli. In ogni caso, i contenuti di questi articoli non sono concordati, rivisti o approvati dalle aziende menzionate o da altri al di fuori del team di juku.